Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XIX – 19 febbraio 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Identificata
sull’asse intestino-immunità-cervello una specifica “comunità” di miceti. Nel ricco panorama degli studi che esplorano l’influenza
della flora microbica intestinale sul cervello e sugli stati psichici, un nuovo
lavoro diretto all’analisi dei meccanismi mediante i quali il micobiota
promuove l’omeostasi ha identificato nei MAF, ossia nei miceti associati alla
mucosa intestinale, una popolazione in grado nel topo di proteggere la mucosa
da danni e infezioni batteriche, con un meccanismo dipendente dalla produzione
di IL-22 da parte delle cellule helper CD4+, e di promuovere comportamenti
sociali positivi, mediante la segnalazione IL-17R-dipendente nei neuroni. [Irina
Leonardi, et al., Cell – AOP doi: 10.1016/j.cell.2022.01.017, 2022].
Sclerosi
Multipla: studio su gemelli rivela alterazioni immunitarie non ereditabili. Florian Ingelfinger e colleghi hanno studiato 61
coppie di gemelli monozigoti discordanti per la sclerosi multipla, per distinguere
l’influenza dell’ambiente dai fattori di predisposizione genetica. I ricercatori
hanno individuato uno shift infiammatorio in un blocco di monociti
accoppiato con l’emergere di una popolazione di cellule T helper native
transizionali IL-2-iper-rispondente quale alterazione immunologica correlata
alla sclerosi multipla. In base alla discordanza tra gemelli con identico
genoma, l’insieme dei risultati dello studio consente di distinguere tra
elementi determinati geneticamente ed elementi determinati dall’ambiente in un
contrassegno immunologico distintivo della sclerosi multipla. [Ingelfinger F., et al., Neuron – AOP doi: 10.1038/s41586-022-04419-4,
2022].
Al
“Seminario sull’Arte del Vivere” ritorna il confronto tra Seneca ed Epicuro
sulla coscienza morale. Questa
settimana è stato sviluppato il tema della coscienza morale nella filosofia di
Seneca, prendendo le mosse dalla sua definizione di interiore consapevolezza
del bene e del male, che è una connotazione essenziale dell’uomo in quanto uomo.
Seneca è
convinto che anche nella più spregevole delle creature esista un’intima
consapevolezza di ciò che è buono e giusto, e di come dovrebbe condursi la
propria vita: sulla base di tale convinzione afferma che alla coscienza
nessuno può nascondersi e, pertanto, il malvagio che sia sfuggito alla
giustizia non può sottrarsi all’implacabile giudice interiore che gli infligge
la pena del rimorso e della paura. Dalle Lettere a Lucilio estraiamo
questo brano che propone il confronto con Epicuro analizzato questa settimana: “Perciò
mi sembra che abbia detto con finezza Epicuro: «A un delinquente può riuscire
di rimanere nascosto, ma non ne può avere la certezza» … È così: chi commette
un delitto può essere immune da pericoli, ma non da timori.
Non credo che
questo pensiero, spiegato così, sia in contrasto coi principi della nostra
scuola [la Stoa, N.d.R.]. Non siamo d’accordo con Epicuro quando dice
che niente è giusto per natura e che i delitti si devono evitare perché non si
può evitare la paura: ammettiamo con lui che le cattive azioni sono torturate
dalla coscienza, e che il suo tormento è l’ansia continua che la travaglia e la
molesta, e il non potersi fidare di chi le garantisce la tranquillità. Proprio
questa, infatti, o Epicuro, è la prova che noi per natura aborriamo il delitto:
tutti hanno paura, anche se sono al sicuro.” (Lettere a Lucilio 97,
12-16, in Tutte le Opere, pp. 936 e segg., G. Reale, Bompiani, Milano
2000).
È evidente in
entrambi i filosofi la differenza con la concezione che attinge alla radice
antropologica giudaico-cristiana, nella quale la coscienza morale è riflesso
del rapporto d’amore dell’uomo col suo Creatore, dal quale deriva il rimorso come
coscienza del peccato, ovvero offesa arrecata a Dio, e solo
secondariamente preoccupazione di sanzioni per aver infranto delle leggi umane.
[BM&L-Italia news, febbraio, 2022].
Perché
i provvedimenti punitivi del totalitarismo di Oliver Cromwell non erano
cristiani. Dalla lettura
dell’ultima parte di “Specchio della psiche e della civiltà” sono nate varie
riflessioni e discussioni fra i soci. Commentando la chiusura dei teatri in
Inghilterra da parte dei puritani in quell’epoca, Monica Lanfredini spiega
perché varie confessioni protestanti, d’accordo con anglicani e cattolici,
ritennero il provvedimento del regime totalitario di Oliver Cromwell contrario
allo spirito e ai presupposti della morale cristiana.
“Cos’è Cristiano?
Sicuramente non è cristiano fare del male, perciò non è cristiano togliere il
lavoro a tutta la gente del teatro per decenni, e a tutti quelli che vi
lavorano intorno – in quello che oggi chiamiamo indotto, con un termine
preso a prestito dall’economia – e nel Seicento erano davvero numerosi coloro che
vivevano di teatro. Infatti, in assenza di produzione industriale, tutto quanto
occorreva per le rappresentazioni era prodotto artigianalmente da tanti che
lavoravano esclusivamente per il teatro. Basti solo pensare alle sartorie
teatrali per i costumi, agli inventori, agli ingegneri e ai carpentieri che
realizzavano le macchine di teatro, agli scenografi ideatori e pittori, alle
stamperie che imprimevano un foglio con il programma, le note dell’autore e a
volte l’intero testo o la trama della rappresentazione in tante copie per quanti
erano gli spettatori. Tutto questo lavoro scomparve per volontà dei puritani.
Persero il lavoro gli attori, gli autori, i musicisti, i cantanti, i poeti, i
fini dicitori, senza contare gli addetti alle pulizie, al ristoro, al
guardaroba e alla custodia dei teatri stessi. Questo provvedimento dei puritani
è con ogni evidenza opposto alla morale ispirata alla predicazione di Gesù
Cristo.
I pubblicani,
presso gli antichi Ebrei, erano peccatori in un modo quasi connaturato alla stessa
identità sociale, per il modo disonesto in cui si concepiva l’esercizio della
funzione di esattore: Gesù ha mai detto che si sarebbe dovuta eliminare quell’attività
e togliere il lavoro ai pubblicani? No. Voleva si convertissero. Matteo, l’autore
del primo Vangelo, era un pubblicano.
L’azione
cristiana verso lo “scandalo del teatro” nell’Inghilterra di Cromwell era stata
suggerita dai francescani: esortare gli autori a scrivere commedie, drammi e
tragedie ispirate alle sacre scritture, premiare i teatri completamente
dedicati alle sacre rappresentazioni, invitando i fedeli a recarsi ad assistere
a quegli spettacoli; invitare i migliori attori nei ruoli di personaggi
evangelici a leggere i propri testi in chiesa, magari alla fine dell’ufficio
domenicale; invitare a turno i migliori fini dicitori a leggere il Vangelo la
domenica; proporre ai cantanti inni sacri, canto gregoriano o, come si faceva
in Italia, cantare preghiere come l’Ave Maria all’inizio o alla fine delle
rappresentazioni.
Il Signore è
venuto a insegnare l’amore con il perdono: lo aveva già profetizzato Isaia, che
il Messia non sarebbe venuto per punire, ma per redimere, non sarebbe venuto a
infliggere sofferenze incomprensibili, ma ad aprire il cuore all’amore. Chi “viene
per punire” non è al servizio di Dio, ma solo della propria vanità. Il “consiglio
spassionato” dell’avvocato puritano di fare una strage, massacrando tutti i
vescovi anglicani, è quanto di più flagrantemente satanico possa presumere un
falso profeta. [Monica Lanfredini, febbraio, 2022].
Una
delle cause di riduzione della consapevolezza individuale e sociale è nel
costume. Quando uno stile
comportamentale entra nel costume di un popolo, il suo status di
possibilità, di opzione, di modo alternativo ad altri possibili, s’indebolisce
fino a scomparire nella coscienza di tutti. Quando per generazioni ciascuno è
specchio per ogni altro dello stesso modus di concepire e agire un
registro dell’esistenza, tale registro diventa come quelle esigenze primarie
che il nomos riveste e protegge col riconoscimento di “diritto civile”,
ossia qualcosa di scontato e implicito, che perde l’alone identitario che
consente l’automatismo del riconoscimento nella coscienza, e si unisce al fondo
stesso dei processi mentali, confondendosi in senso proprio con le strutture stesse
della mente.
Esemplare è il
caso del mutamento in senso neopagano, ma secondo lo stile delle frange
degradate della società ellenica, dei costumi sessuali, a partire dalla “liberazione
e rivoluzione sessuale” di sessantottina memoria, rivestita di ideologia politica
atea nei primi decenni, per finire al “tutto è lecito fra consenzienti”, dei
nostri giorni. Quanti si sono accorti che questo mutamento ha inciso sull’arte
e sulla cultura, non solo perché ha quasi cancellato i valori ideali dei
sentimenti tra i generi, sostituendoli con convenienze e rivendicazioni tra i sessi,
ma anche perché ha impoverito e imbarbarito i rapporti umani?
Pochi. Perché,
entrando nello sfondo del mentale quale costume condiviso, riduce anche la
disponibilità di un fondo neutro di coscienza che faciliti l’esercizio delle
facoltà di critica e di giudizio. Ma la questione su cui vale la pena
riflettere è che un’entrata nel costume, e dunque nell’implicito mentale, di
queste proporzioni, comporta la riduzione della consapevolezza individuale e
sociale tout court, come ha dimostrato il nostro presidente.
La nostra
società scientifica in questi anni ha operato ritenendo che il suo ruolo, oltre
che nel merito tecnico della cultura neuroscientifica, dovesse entrare nella
realtà sociale fornendo un contributo alla crescita delle coscienze, stimolando
la consapevolezza. Dopo l’iniziativa “Donne di Cervello” era stato posto in
cantiere un nuovo progetto, poi bloccato dalla pandemia, denominato “Giovani di
Cervello”. Sia pure a distanza e con incontri virtuali, si sta cercando di
riprendere il filo di queste riflessioni. Non è un caso che chi ha seguito i
nostri studi sulla coscienza nel coma – una coscienza intesa in termini
neurologici e anestesiologici – ha poi sviluppato un maggiore interesse per quella
materia che tradizionalmente la filosofia della mente definisce “contenuti di
coscienza”.
Accrescere la
consapevolezza sociale su una malattia è da sempre il compito delle specifiche associazioni:
conoscere delle nozioni e dei fatti può aumentare la sensibilità, l’attenzione,
la comprensione o anche, semplicemente, l’aver presente quelle questioni e
sollecitare la propria responsabilità sociale ad agire di conseguenza. A
somiglianza di questo stimolo, noi cerchiamo in tanti modi diversi di
accrescere la consapevolezza individuale e sociale, non rifiutando di
affrontare talvolta l’argomento – tabù per la scienza – della dimensione
spirituale delle persone, sia proponendo una rassegna degli studi sulle basi
cerebrali della spiritualità (v. La ricerca dello Spirito nel Cervello),
sia considerando gli effetti e i riflessi della concezione della vita da parte
dei credenti in varie espressioni delle attività umane, prima fra tutte l’arte.
Proprio questa “coraggiosa” incursione nel campo dello spirito ci ha consentito
di renderci conto non solo di quanto la scienza possa dare alle persone di
fede, ma anche quanto le persone di fede possano far notare a chi vive di
scienza: l’immersione nel credo religioso può realizzare nella mente di una
persona un’esclusione nei confronti di altre prospettive e paradigmi
interpretativi della realtà, ma può anche illuminare la mente di chi vive di
sola scienza circa possibilità mai considerate in precedenza. È il caso delle pratiche
di fede in grado di modificare i contenuti di coscienza, l’assetto funzionale
del cervello e la risposta immunitaria, che risulta migliorata. Un’intera
branca della psiconeuroimmunologia ha avuto origine da questi studi.
Dall’inizio
del 2022 stiamo discutendo e dibattendo delle cause di un’apparente riduzione
della coscienza collettiva nella società della comunicazione, in cui è possibile
trasmettere e diffondere dati, nozioni e fatti con una rapidità e un’ampiezza
mai conosciute nella storia. L’apparente inefficacia, in questo caso, di quanto
si trasmette per accrescere la consapevolezza e la responsabilità delle persone
ha orientato la nostra attenzione verso un problema di notevoli dimensioni:
manca a molti un paradigma di azione mentale per poter usufruire dei contenuti
trasmessi a vantaggio di una crescita di coscienza morale e responsabilità
verso il prossimo. Tali tipi di paradigmi non si “comunicano”, ma si apprendono
con intelligenza dell’esperienza, con applicazione individuale e pratica di
vita. Molti di noi sono persuasi che la mancanza di un tale paradigma sia solo apparente,
un’apparenza dovuta alla disabitudine all’uso.
Se questo è
vero, allora alcune nostre “comunicazioni” possono ambire ad avere l’effetto di
risvegliare nella mente dei lettori una capacità sopita di mettere in moto le
proprie risorse cognitive e operare sui simboli recepiti in maniera attiva,
ricavandone una “presa di coscienza”. [BM&L-Italia news, febbraio, 2022].
Notule
BM&L-19 febbraio 2022
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